DELITTI

Come deve agire un confessore dinanzi ad un fedele che è incorso in una censura riservata alla Sede Apostolica? In questi casi, il confessore ha due possibilità innanzi a sé:

1. - La prima possibilità consiste nello spiegare al penitente il suo status canonico, istruendolo circa l’obbligo di presentare il ricorso per ottenere l’assoluzione dalla censura. Il penitente potrebbe ricorrere egli stesso alla Penitenzieria Apostolica, ma è più conveniente che sia il confessore a presentare il ricorso. In questo caso il confessore dovrà fissare col penitente un nuovo appuntamento. Nel ricorso che presenterà, il confessore deve esporre con chiarezza i fatti accaduti, chiedere l’autorizzazione per poter assolvere il penitente dalla censura incorsa e le indicazioni circa la penitenza da imporre al penitente. Giunta la risposta dalla Penitenzieria, il penitente si recherà dal confessore per essere assolto dalla censura e dai peccati e gli sarà indicata la relativa penitenza.

2. - La seconda possibilità è la cosiddetta “assoluzione di caso urgente” che, in un certo senso, è la più conveniente per il penitente ben disposto, perché potrà cominciare a ricevere i sacramenti immediatamente. A questa possibilità si ricorre quando per il fedele, realmente pentito del delitto commesso, risulta difficile rimanere a lungo in stato di peccato mortale, senza poter ricevere i sacramenti, in attesa che il confessore ottenga il permesso di assolverlo dalla censura incorsa: in tale ipotesi il confessore può, in virtù del can. 1357 CIC, assolvere il fedele dalla censura e dai suoi peccati chiedendogli di tornare dopo alcune settimane, in una data conveniente per entrambi, per ricevere l’indicazione della penitenza. In questo caso il confessore ha il dovere di ricorrere entro 30 giorni alla Penitenzieria Apostolica per riferire il fatto e chiedere la penitenza. La Penitenzieria esaminerà il caso, ratificherà l’assoluzione, darà alcune istruzioni in merito e imporrà la penitenza. Si intende per “caso urgente” il dolore o la difficoltà che causerebbe al penitente il rimanere alcune settimane senza poter essere assolto dai peccati e senza poter ricevere l’Eucaristia.

Per quanto riguarda le censure da cui sono colpiti i ministri sacri, occorre tener presente il can. 1335 CIC, in virtù del quale si può esercitare il ministero, nonostante la censura, quando è necessario per i bisogni spirituali di un fedele che versa in pericolo di morte. Lo stesso canone permette l’esercizio del ministero anche al di fuori del pericolo di morte, quando la censura latae sententiae non sia stata dichiarata, tutte le volte che un fedele chieda un sacramento, un sacramentale o un atto di governo. Il suddetto canone aggiunge che “tale richiesta è lecita per una giusta causa qualsiasi”.

 

RICORSO

Il ricorso consiste in una lettera normale e semplice nella quale il confessore, omettendo il nome del penitente e qualsiasi altra circostanza che lo possa identificare, chiede alla Penitenzieria Apostolica la facoltà di assolvere da una censura, o informa di avere già assolto facendo uso della facoltà di cui al can. 1357 CIC.

Il ricorso deve essere fatto sempre per lettera. Né il telefono, né il fax, né la posta elettronica sono mezzi consentiti, perché, trattandosi di materie protette dal sigillo sacramentale, si ritiene che la lettera garantisca meglio la sua inviolabilità.

 

Nel caso del delitto di profanazione delle Sacre Specie, nel ricorso è necessario riferire:

  • età approssimativa del penitente e sua salute psichica;
  • quando ha commesso il delitto;
  • quante volte lo ha commesso;
  • in quale modo lo ha commesso;
  • quali sono stati i motivi che lo hanno indotto alla profanazione;
  • se il delitto è stato commesso da solo o con altre persone;
  • se il penitente ha commesso il delitto per istigazione di una setta e, nel caso, se ha rotto i contatti con essa.

 

Nel caso del delitto di violazione diretta del sigillo sacramentale bisogna riferire:

  • età approssimativa del penitente;
  • quando è stato commesso il delitto;
  • quante volte è stato commesso;
  • in quali circostanze è stato commesso;
  • se è stato compiuto deliberatamente o se è stato un atto d’imprudenza;
  • se sono seguiti danni alla persona del penitente;
  • se il penitente è un confessore che abitualmente è prudente in questa materia.

 

Nel caso del delitto di assoluzione del complice da un peccato contro il sesto comandamento occorre specificare:

  • età approssimativa del penitente;
  • età approssimativa del complice;
  • stato del complice: celibe, nubile, sposato/a, religioso/a, fedele ordinato;
  • quante volte ha avuto luogo l’“assoluzione”;
  • quando è stata l’ultima volta che lo ha “assolto”;
  • se sono stati interrotti i rapporti peccaminosi con la persona complice;
  • se il penitente celebra quotidianamente la Santa Messa, la Liturgia delle Ore, etc.

 

L’inclusione dei suddetti dati nel ricorso rende possibile una valutazione più completa del caso sottoposto anche per la determinazione della penitenza che verrà imposta al penitente, nonché per stabilire la durata della concessione delle facoltà ministeriali. Questi elementi permettono inoltre alla Penitenzieria Apostolica di impartire istruzioni realmente utili per il penitente, che è stato assolto da una censura.

Quando, nel redigere il ricorso, sono stati omessi alcuni dati, la Penitenzieria è tenuta a richiedere un nuovo ricorso per completare i dati mancanti e ciò, ovviamente, implica un rallentamento nella procedura.

Particolare dell'altare di San Giovanni Nepomuceno nell'abbazia di Zwiefalten (Baden-Württemberg)

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