LETTERA DEL CARDINAL MAURO PIACENZA, PENITENZIERE MAGGIORE, AI PENITENZIERI MINORI E A TUTTI I CONFESSORI IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI 2023

Beato Angelico - Particolare dalla predella della Pala di Fiesole - Wikimedia Commons

Nell’imminenza della solennità di Tutti i santi, e della Commemorazione dei fedeli defunti, mi è caro rivolgermi ai penitenzieri e a tutti i confratelli confessori, ben consapevole che questi giorni, dal popolo di Dio, sono particolarmente sentiti, nel devoto ricordo di coloro che ci hanno preceduto, con tutto il carico affettivo e di memoria che ciò comporta, e nella speranza del Cielo e della vita eterna.

In tal senso, siamo chiamati a riconoscere la profonda unità tra il ritmo liturgico della fede della Chiesa, e la pastoralità di tale stesso ritmo.

Se da un lato sappiamo che non è mai lecito ridurre la liturgia a “occasione pastorale”, poiché la liturgia è culto a Dio, e in essa la celebrazione dei sacramenti, anche del sacramento della Riconciliazione, diviene atto di glorificazione di Dio attraverso l’uomo vivente, cioè l’uomo che torna a vivere nella grazia, dall’altro dobbiamo sempre riconoscere come la stessa unità del ministero sacerdotale, che non può vivere alcuna dicotomia tra ciò che crede e ciò che celebra, mostra come l’esercizio del ministero, umile e fedele, diventi sempre grande occasione di incontro con le persone, di abbraccio, di esercizio della carità pastorale, appunto.

La solennità di Tutti i santi, e con essa la memoria dei fedeli defunti, richiama con forza quella necessaria inclusività, alla quale, così spesso, ci richiama Papa Francesco.

Essa, lungi dall’essere un’anonima o generica tipizzazione della Chiesa, è, in realtà, la sua stessa natura.

La Chiesa, l’annuncio del Vangelo, il mistero di Cristo stesso sono, per loro natura, inclusivi, nel senso che la fede, e con essa la salvezza, è offerta a tutti.

La Croce di Cristo, che si ri-presenta sacramentalmente nell’Eucaristia ed i cui frutti si estendono al sacramento della Riconciliazione, è per tutti, e i suoi doni sono riversati nei cuori per mezzo dello Spirito. La Chiesa offre a tutti gli uomini la possibilità di essere abbracciati dal Mistero. La Chiesa è per tutti, tutti, tutti, perché è Cattolica, universale, e perché è Una.

Infatti, solo l’unità della Chiesa ne garantisce la cattolicità e, a maggior ragione, solo l’unità della Chiesa garantisce la sua apertura a tutti. 

La solennità di Tutti i santi ci ricorda, nella scia del grande sant’Agostino, che il “tutti” della Chiesa è sempre da intendersi secondo la prospettiva del Christus totus, del Cristo totale, interpretata sia in senso sincronico, sia in senso diacronico.

Il senso diacronico, cioè quello storico e temporale, ci è, di solito, chiaro, nel senso che tutti sappiamo bene che la Chiesa non è solo quella visibile sotto i nostri occhi, ma è anche quella “trionfante” nel Cielo, secondo la comunione dei santi, e quella “purgante”, in cammino verso la piena comunione con Dio, per la quale preghiamo nella commemorazione dei fedeli defunti. È sempre bene ricordare che la “parte invisibile” è sempre la stragrande maggioranza, rispetto a quella visibile.

Ma la teologia del Cristo totale, la Chiesa “tutta per tutti”, deve sempre anche essere considerata nella sua dimensione sincronica: il corpo totale di Cristo ha un capo, che è Cristo stesso, mentre il suo corpo, visibile, tangibile e udibile, è fatto dalla concretezza, talora sconvolgente, dei fratelli e delle sorelle, che sono accanto a noi e che vivono la medesima appartenenza al Mistero.

Questa consapevolezza ci spinge innanzitutto alla grande generosità nell’ascolto delle confessioni sacramentali, poiché in esse si rafforza, e nel caso del peccato grave, si ricrea, quel legame indispensabile con Cristo, che, soprattutto poi nella Eucaristia, fa la Chiesa, la costituisce nella sua essenza.

Mentre accade il miracolo del perdono, con la grazia della riconciliazione, si rafforza l’intero corpo di Cristo, si irrobustisce quel “tutti” della Chiesa, che spalanca al tutti del mondo.

Con questo sguardo, trascendente e soprannaturale, la liturgia accosta, in giorni successivi, la festività e la commemorazione, spingendo pastori e fedeli a penetrare, con maggiore coscienza e consapevolezza, il mistero di cui sono partecipi.

Sono giorni, per tutta la Chiesa, di affettuoso ricordo per chi ci ha preceduto, e soprattutto, in questi tragici tempi di guerra, per tutti gli innocenti che ancora, senza sapere perché, continuano a morire e nei quali ancora e sempre muore il Cristo.

Nel contempo, tuttavia, siano giorni illuminati dalla speranza, anzi dalla certezza che le braccia di Cristo, spalancate sulla croce, invitano potentemente l’intera umanità alla riconciliazione, alla misericordia ed alla pace.

Noi cristiani sappiamo, con san Paolo, che “Cristo è la nostra pace” (Ef 2,14) e partendo da questa consapevolezza, sentiamo risuonare nella mente e nel cuore la beatitudine che il Signore pronunciò sul monte: “Beati gli operatori di pace” (Mt 5,9). Una pace che è donata da Dio e che domanda di essere costruita dagli uomini, a partire dalla pace del proprio cuore, perché solo chi è riconciliato con Dio e con se stesso può essere davvero operatore di riconciliazione.

Maria Santissima, Regina di tutti i Santi e Regina della pace, ci accompagni in questi giorni pieni di ricordo umano, di memoria soprannaturale e di umile preghiera.